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Trento, 5 giugno 2009
Le Moline: un borgo storico dimenticato e da valorizzare,
un progetto di sfruttamento idroelettrico
che potrebbe danneggiarlo in maniera irreversibile

Interrogazione a risposta scritta presentata da Roberto Bombarda
consigliere provinciale dei Verdi e Democratici del Trentino

Nella notte del 16 gennaio 2006 una porzione di roccia si stacca dalla volta della prima galleria della “Crozèa”, sulla S.S. 421 dei laghi di Tenno e Molveno a monte dell’abitato di San Lorenzo in Banale e si abbatte sulla sede stradale. Fortunatamente, in quel momento non passa nessuno. E’ l’inizio di una vicenda che rischia di concludersi con la perdita di un patrimonio ambientale e culturale.

La galleria viene giudicata instabile e da quel momento e per i mesi successivi, il traffico viene deviato, dapprima sul sottostante, antico percorso delle Moline e di Deggia e poi nella costruenda galleria, destinata a sottendere il pericoloso tratto della statale. A primavera – dopo un crollo questa volta imponente, di notte e fortunatamente anch’esso senza conseguenze – il costone roccioso nel quale è ricavata la galleria viene fatto brillare ed una massa di circa quattromila metri cubi di detriti, staccatasi in territorio del Parco naturale Adamello-Brenta, si abbatte sul sottostante complesso di sorgenti chiamate “Parói”, alimentate per intero da acque provenienti dal massiccio sedimentario tutelato dal Parco ma, purtroppo per loro, esterne al suo confine, che coincide per l’appunto con la strada statale “dei Laghi”.

I Parói sono sorgenti di tipo valchiusano (dal nome della Fonte di Vaucluse, in Francia – quella del Petrarca). Fiumi o torrenti di tipo valchiusano, in Italia, sono il Timavo, il Peschiera, il Livenza. Vicino a noi, l’Oliero, cortissimo affluente del fiume Brenta, in provincia di Vicenza. Da noi, con caratteristiche di torrente, il Bondai, che si getta a capofitto nel Sarca dopo un percorso di circa quattro chilometri e mezzo. Le acque di origine stagionale e nivale dei Parói si uniscono, subito prima del ponte delle Moline, con la cosiddetta Acqua Mora (o anche di Paserna), un tempo abbondante emissario del lago di Molveno attraverso le morene di frana di Nembia ma ridotta a poco o niente dai lavori idroelettrici degli anni Cinquanta, nel corso dei quali vennero iniettati nella frana bentonite e altri sigillanti. Oggi, a tutti gli effetti il rio Bondai (Parói più Acqua Mora) si identifica con la sorgente dei Parói.

Della rimozione dei detriti si incarica il Servizio Bacini Montani il quale, trovandosi sul posto, mette mano alla regimazione attuata negli anni dal 1932 al 1934 (a seguito di un distacco di cui si dirà) da scalpellini e muratori che non disponevano di autobetoniere ma che erano ricchi di sapienza costruttiva. Infatti, l’arginatura fino a quel momento aveva egregiamente assolto al suo compito, tanto è vero che il geologo che ha redatto la perizia a corredo della determinazione n. 32 di data 17 aprile 2009 del dirigente il Dipartimento protezione civile e infrastrutture ed avente come oggetto “Art. 16, comma 1, lettera f) delle Norme di attuazione del Piano Generale di Utilizzazione delle Acque Pubbliche (PGUAP), reso esecutivo con D.P.R. 15/02/2006. Progetto di ristrutturazione delle p.ed. 442 e 443 nel C.C. di San Lorenzo in Banale, loc. Moline: autorizzazione alla realizzazione di interventi in aree a rischio idrogeologico molto elevato (R4). Richiedente: Paolo Sartori. Prat. Num. 2008_25” dichiara che: “A memoria storica il rivo Bondai non ha mai subito esondazioni” (la sottolineatura è del geologo), ricordando poi, sostanzialmente per dovere e ad abundantiam, il rinforzo degli argini (per l’esattezza, dell’argine, quello  sulla sponda opposta all’edificio per il quale si richiede l’autorizzazione) e altri interventi recenti. Nella determinazione citata, il pensiero del geologo viene “semplificato” dal momento che dal suo studio di compatibilità emergerebbe “la compatibilità dell’intervento in oggetto, in quanto il pericolo di esondazione del rio due sorgenti (così definito nel provvedimento, nota dell’interrogante) risulta essere praticamente nullo a seguito della sistemazione dell’alveo effettuato dal Servizio Bacini montani nella primavera del 2006 (sottolineatura dell’interrogante), che ha dimensionato una serie di briglie” (ma quali?) “atte a contenere eventuali piene”. Anche nella Conferenza di servizi di data 11 marzo 2009 il Servizio Bacini montani si attribuisce il merito della “ritrovata” sicurezza idraulica “perché l’alveo del rio due sorgenti risulta essere ben dimensionato a contenere le piene a seguito dei lavori di sistemazione risalenti al 2006”.

Nel frattempo, e precisamente il 14 luglio 2006, il Consorzio Elettrico Industriale di Stenico, agendo secondo quanto sancito nel secolare statuto sociale e nel rispetto delle norme vigenti, presenta una domanda per ottenere la concessione a derivare dal rio Bondai la portata massima di 530 litri/secondo e media di 217 litri/secondo di acqua per produrre la potenza media di 219 kW, su un salto di 103 metri.       In pratica, l’acqua sarebbe derivata alla sorgente e restituita in prossimità della prima derivazione Enel, a valle del ponte delle Moline. Anche in questo caso, purtroppo come in altri luoghi, prima di avviare una procedura per una legittima richiesta, la Provincia non ha saputo esercitare una visione di carattere più ampio, per verificare ad esempio se, nell’ottica di un bilancio energetico ed ambientale complessivo del Trentino, si possa recuperare più energia da opere ed impianti già esistenti nell’area, visto che questa regione è già stata così tanto penalizzata dai lavori del secolo scorso. Secondo alcuni tecnici, ad esempio, con alcuni accorgimenti come l’aumento anche minimo della derivazione dal Sarca, a Ponte Pià (attualmente 14 mc/sec) in caso di piene oltre una certa soglia si potrebbe agevolmente superare, sul salto di 222 metri Ponte Pià-Santa Massenza e senza contare il successivo salto su Torbole, la produzione prevista per l’impianto sul Bondai (1,5 gWh/anno) salvando il meraviglioso complesso naturale e umano delle Moline. E’ chiaro che le proprietà delle due centrali (Ponte Pià-Santa Massenza e Moline) sono diverse (Hydro Dolomiti Enel e Ceis rispettivamente), ma il regista è sempre la Provincia ed il Ceis potrebbe essere valorizzato ulteriormente nel suo ambito territoriale di competenza con altri interventi della Provincia.

In data 8 ottobre 2007 si tiene la conferenza di servizi interdipartimentale con all’ordine del giorno le “valutazioni preliminari afferenti gli usi diversi delle acque e degli interessi ambientali” in relazione alla domanda presentata dal Consorzio. Per la Provincia si esprimono i Servizi, (1) Utilizzazione acque pubbliche, (2)Urbanistica e Tutela del Paesaggio nonché (3)l’Agenzia provinciale per la protezione dell’ambiente. Quest’ultima rileva come i lavori di sistemazione idraulico-forestale  abbiano “condizionato” l’indice di funzionalità fluviale, prima “elevata” facendo sì che la derivazione idroelettrica diventi “accettabile relativamente alle esigenze di funzionalità fluviale”.

Il Servizio urbanistica e tutela del paesaggio, per una serie di motivi sui quali si tornerà e fra i quali rientra “l’utilizzo di strade esistenti per la posa della condotta” si esprime per la compatibilità paesaggistica della derivazione richiesta. Anch’esso parla di “tratti d’alveo manomessi da interventi di sistemazione”. Non una parola, da parte di alcuno, sull’unità inscindibile torrente Bondai-Le Moline, alla testa della “valle selvaggia tutta dirupi, attraversata da un torrente senza nome che portava al Sarca le sue bianche acque scroscianti”, nelle parole del poeta romantico tedesco Viktor von Scheffel in timorosa visita nel 1855. Per secoli, Le Moline sono state uno straordinario borgo artigiano. Prima del 1920, quando i genieri italiani tagliarono le pareti calcaree che la sovrastano, vi passava la strada principale, sulla direttrice nord-sud.

Per Le Moline e la vicina – diversa per carattere – Deggia, passa la via di San Vili, nella cui descrizione, a cura della S.A.T., sta scritto “Si ha modo di percepire, in tutta la sua suggestione, l’eco di un passato fervido di attività, quello cioè delle molte generazioni di artigiani che vi hanno vissuto lavorando i metalli e trasformando i prodotti della campagna con i mulini ad acqua.” Nei prossimi anni di qui passerà pure un altro importante itinerario, il “Sentiero Frassati” del Trentino, inserito nella rete nazionale promossa dal Club Alpino Italiano in memoria del Beato Pier Giorgio.

Ricorda Aldo Gorfer come il villaggio fosse “luogo di molini, officine di fabbro, di segherie e anche di osterie, trovandosi il villaggio al punto d’unione delle antichissime strade di traffico che collegavano le Giudicarie alla Valle di Non attraverso Molveno e la sella di Andalo, e a Trento per Ranzo e Toblino…” e continua “Attualmente i luoghi, pur serbando l’antica, piacevolissima atmosfera della cauta antropizzazione di servizio artigiano (artigianato su torrente), stradale (nodo di antiche vie) e anche agricolo-pastorale, il tutto in un paesaggio ispido trovandosi ai margini della grande frana di Nembia e al cospetto delle antiche pareti calcaree del Ghez, di quelle della forra del Sarca e della precipitosa valle del Bondai, e ai margini della grande frana di Nembia, sono pressoché disabitati…” Un cronista locale ricordava “diverse segherie, molini, osteria con alloggio, ufficio postale, officine da fabbro, filatoi di lana, di canapa, una manifattura di bròche, una fornace (copèra), una scuola con quaranta scolari con una maestra residente che insegnava anche religione.”

Borgo disabitato e, dunque, sacrificabile. Ma le Moline sono visitate da migliaia di persone ogni anno, in cerca di suggestioni e di pace. Gigantografie della vista dal ponte –“magnifica scalinata d’onore” – sono visibili nei ristoranti di Stoccarda i cui proprietari vengono a San Lorenzo in Banale ogni anno. Le foto da pagina 148 a pagina 151 del volume fotografico “Orizzonti giudicariesi” danno un’idea visiva della bellezza dei luoghi. Non basta: Le Moline e Deggia lentamente si stanno ripopolando.

Il ponte delle Moline, parte integrante dell’”unicum” di cui si diceva, è attualmente malconcio. Risale al Settecento ed ha visto passare l’imperatore Francesco Giuseppe. Negli ultimi anni è stato fatto pure oggetto di accertamenti ai fini del riconoscimento di interesse storico-artistico ai sensi del decreto legislativo 22 gennaio 2004 n. 42 (Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio). Una decina d’anni fa sono stati fatti i lavori di lastricatura della strada Moline-Deggia, sotto la supervisione della Provincia e il sovraccarico permanente ha probabilmente concorso, insieme col traffico ivi deviato in occasione delle chiusure della SS 421, all’attuale, drammatico degrado.

L’intera vicenda è emblematica di come la polverizzazione delle responsabilità amministrative possa portare a risultati paradossali. A San Lorenzo in Banale – e non solo – è iniziata una civile forma di protesta, alla base della quale sta anche lo sbigottimento rispetto ad un progetto che non ha avuto in paese una effettiva pubblicità, oltre a quella strettamente legale (avviso sul bollettino ufficiale della regione e all’albo comunale). Tanto che questa storia dovrebbe insegnare che, nel caso di derivazioni idroelettriche, informazioni complete, veritiere e comprensibili, con grafici e rendering, a spese del richiedente la concessione e redatte da soggetti indipendenti, dovrebbero raggiungere i cittadini attraverso, ad esempio, i giornali quotidiani od apposite serate informative tenute dalla Provincia in accordo con tutti gli Enti locali.

Eppure San Lorenzo in Banale è stato incluso fra “I borghi più belli d’Italia”, coll’apporto determinante proprio del fascino delle Moline. La Provincia questo lo sa molto bene, poiché alla cerimonia ufficiale, svoltasi nell’estate del 2008, presenziarono anche assessori provinciali. Ma nessuno ha ritenuto necessario, nel corso dell’iter concessorio, chiedere all’Assessorato al Turismo di esprimere valutazioni in ordine al declassamento dell’insieme costituito dal torrente Bondai e dal borgo delle Moline.

Tutto ciò premesso

si interroga il Presidente della Provincia di Trento

per chiedere:

1. A quali conclusioni sono giunti i competenti uffici provinciali per quanto riguarda le cause del cedimento del costone roccioso della “Crozèa”. In particolare, se vi è un nesso di causalità con i concomitanti lavori di scavo della galleria destinata a sottendere il tratto ove si trovava il costone stesso. Si desidera inoltre sapere qual è il livello di rischio geologico (R) attribuito alla zona nella quale è stata realizzata la galleria e quali sono state le valutazioni geologiche precedenti l’appalto dei lavori. E ancora se, oltre gli usuali parametri,  sono stati presi in considerazione fattori come la vicinanza al versante, la storia geologica recentissima (grosso distacco nel 1929, a seguito del taglio della strada), l’esistenza (testimoniata dalla sottostanti sorgenti e verificata dalla Sism nella seconda metà degli Anni Cinquanta con un cunicolo esplorativo ancora accessibile) di un complesso e delicato sistema carsico, il tutto al fine di prescrizioni in ordine, ad esempio, al dimensionamento delle volate di avanzamento oppure all’impiego di mezzi quali la fresa Robbins proprio per non alterare il fluire sotterraneo delle acque e non mettere in pericolo la stabilità del versante.

2. Qual è il coefficiente di rischio idrogeologico attribuito ai terreni interessati dal progetto di derivazione. In particolare, si desidera sapere se sono esclusi, per l’opera di presa, rischi derivanti da distacchi come quelli del 1929 e del 2006; se per tutti i terreni attraversati si può escludere il rischio di liquefazione a seguito di perdite dalla condotta come avvenuto altrove; quanta acqua, e a quale pressione, grava sulla tubazione nei vari tratti; se sono previsti sistemi attivi o passivi di sicurezza in caso di perdite dalla tubazione; se la profondità di posa della tubazione è tale da escludere rotture accidentali causate dall’attività umana.

3. Se non ritiene che, dopo il disastro, sarebbe stato auspicabile attendersi dai Bacini Montani  un ripristino ambientale rispettoso della preesistenza, così come realizzato in molti altri luoghi del nostro Trentino in decenni di meritoria attività, e se l’intervento, con la cementificazione dell’alveo, l’alterazione della livelletta (la manomissione dell’alveo, per dirla col Servizio Urbanistica e Tutela del paesaggio) e la contestuale eliminazione dei mulinelli (localmente “boióni”) che il torrente s’era creato nei decenni abbia ridotto la velocità di corrivazione dell’acqua. E inoltre, se la suddetta cementificazione sia veramente lo “standard” di riferimento per quanto riguarda il trasporto dei solidi, problema peraltro insussistente nel caso del Bondai una volta liberato l’alveo dai detriti di frana.

4. Per quale motivo è stata fatta smantellare la passerella a monte delle Moline, perfettamente inserita nell’ambiente e testimone da più di sessant’anni della maestrìa costruttiva degli scalpellini e dei muratori dei primi anni Trenta, posto che nessuna piena l’aveva da allora nemmeno sfiorata e se l’attraversamento, realizzato di recente, dell’Acqua Mora è stato autorizzato dal Servizio Bacini Montani per essere manufatto provvisorio o definitivo e, in questo secondo caso, sulla base di quali elaborati e con quali risultati.

5. Per quale motivo, una volta chiuso il cantiere, è stata lasciata una strada di accesso con un imbocco, delimitato da un incongruo muro di nuova costruzione, della larghezza di 3,70 metri, decisamente esuberante rispetto alla stradina precedente e rispetto alla larghezza (2 ml) del ponticello sulle sorgenti “Parói”, nonché ricavato uno slargo, presso le sorgenti, di larghezza variabile fra i quattro ed i cinque metri.

6. Perché l’Agenzia provinciale per la protezione dell’ambiente, a seguito dei lavori di “sistemazione” (su una regimazione preesistente) effettuati dal Servizio Bacini montani, ha riconosciuto il drastico declassamento del “valore” ambientale del torrente (IFF) chiesto dal proponente Consorzio Elettrico senza una nuova approfondita analisi del contesto e quali sono i lavori di sistemazione forestale citati dall’APPA in sede di Conferenza di servizi interdipartimentale di data 8 ottobre 2007.

7. Qual è il significato da attribuire all’affermazione del Servizio Urbanistica e tutela del paesaggio, riportata nel verbale della Conferenza di servizi citata, che “La scelta di captare un affluente del Rio Bondai, assicurando in tal modo una adeguata portata di rispetto nel corso d’acqua principale..(omissis)..fanno ritenere paesaggisticamente compatibile la derivazione richiesta,” posto che, come detto in premessa, l’acqua dei Parói, destinata ad essere derivata, e rio Bondai sostanzialmente coincidono e per quale motivo il medesimo Servizio Urbanistica e tutela del paesaggio, in sede di Conferenza di servizi, pur lodevolmente preoccupato di far presente, al posto dell’Agenzia per la protezione dell’Ambiente, come il torrente scorra, nella parte intermedia, “in un ambiente caratterizzato da una ricca fascia ripariale di latifoglie”, ignori l’esistenza di un “unicum” urbanistico e paesaggistico quale l’antico borgo artigianale delle Moline, sopra descritto, il quale vive in rapporto simbiotico col suo rio, che da sempre riempie con la sua voce l’intera valle del Bondai fino alla soprastante, bucolica frazione di Deggia sede di un santuario mariano.

8. Qual è l’indice di funzionalità fluviale del torrente Bondai a valle del ponte delle Moline e fino al sito in cui dovrebbe sorgere la nuova centrale idroelettrica, presso la prima derivazione ENEL. In particolare, si desidera sapere se risulta che in quel tratto viva un’ittiofauna stanziale; e se non ritiene che proprio quel tratto abbia le caratteristiche per essere dichiarato riserva naturale di interesse provinciale.

9. Quale sarebbe, secondo gli ultimi dati di portata disponibili (quadriennio 2005-2008 o triennio 2005-2007) la portata residua in alveo dopo la derivazione richiesta, mese per mese e quali sarebbero le conseguenze sull’ittiofauna derivanti dal depauperamento delle portate.

10. Se non ritenga che la valle del Bondai vada valorizzata e salvaguardata anche con interventi semplici quali la riattivazione degli antichi sentieri, l’”interpretazione” in chiave moderna del significativo esempio di architettura industriale costituito dal ponte-canale, la ricostruzione della passerella sul Sarca realizzata nel 1911 su impulso di Patrizio Bosetti, luminosa figura di socialista riformatore, fondatore della Lega dei contadini e distrutta dalla piena del 1966, passerella che verrebbe da sola a “chiudere” un anello di grande interesse anche per la Valle dei Laghi.

11. Se non ritenga che alla luce degli elementi di giudizio portati alla sua attenzione, la Giunta provinciale abbia il dovere di riesaminare il proprio provvedimento n. 3118 del 28 dicembre 2007, avente ad oggetto “Art. 7 norme di attuazione del Piano generale di utilizzazione delle acque pubbliche – Art. 8 norme di attuazione del piano delle acque. Valutazioni preliminari afferenti gli usi diversi delle acque e gli interessi ambientali in relazione alla domanda di derivazione d’acqua a scopo idroelettrico dal rio Bondai e sorgente Paroi di data 14 luglio 2006 (C/13248)” prendendo, se necessario, conoscenza diretta dei luoghi e degli ambienti e se quindi non ritenga di dover disporre la sospensione di atti conclusivi di istruttoria o ad essi collegati, in attesa della riconsiderazione dell’intera vicenda.

12. Quali provvedimenti, dopo l’”assenso di massima” del 2005, non richiesto dalla procedura, sono previsti in capo al Consiglio comunale di San Lorenzo in Banale, sotto il profilo urbanistico.

13. Se non convenga, infine, sulla necessità di prevedere, nel caso di derivazioni idroelettriche, informazioni complete, veritiere e comprensibili, da mettere puntualmente ed effettivamente a disposizione, in particolare di chi abita nelle località interessate dagli interventi e in generale dei cittadini tutti, come il caso della centrale alle Moline suggerisce con estrema evidenza.

Cons. Roberto Bombarda

 

     

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